Tanka
Creste di luce –
al canto dell’albero
cresce rosea alba
stordita fra gli stormi
tutt’uno alle rondini
© ore 9,48
Creste di luce –
al canto dell’albero
cresce rosea alba
stordita fra gli stormi
tutt’uno alle rondini
© ore 9,48
Vascello nella notte
Tu fluttui
dal tuo tempo
taciturno capoverso
è seta nera
e capovolto è il cielo
a vele aperte –
hai ali sui tuoi fianchi
a far da stelle
alla cenere
nuova mappa
ti destina
ora che più non sei
/ e davvero esisti /
° Vedi Sezione Opere “Fantasma”
© ore 9,02
… e …
insieme ritrovarci
come fosse questo oggi
ieri –
senza nessuno sappia
senza che i salici stiano
a bagnarsi lì per niente
via
dagli incunaboli
eruditi –
nelle sfiatate teche
sotto i passi
un po’ attenti
un po’ distratti
di altri cimeli
via
dalle tante farfalle spente
che non sono quel che fummo
e ancora siamo
Per rileggerci
l’ingabbiato rosso
affisso e più fiero
fino all’osso –
tradotti pensieri
su rive sincere
E districata da venusiane
galee
io
planata
degustare calde cialde
averti dentro
venuto da postèrla
e innanzi
nell’incanto intimo della mia casa
© ore 6,43
Cosa si può
al tempo delle sparse fosse, quando il passo conduce
al gocciolar dei giorni
anche se l’acqua bagna occhi per rimirare il cielo
e ciò che innanzi a loro passa?
E tu che vieni e giungi
puntuale ai miei mattini
per essermi nel freddo scialle,
brezza dolce quando l’aria manca …
… per quanto poco sarai qui puntuale?
Tu che conforti il raccontarti
quel che mi contorce o allieta l’anima
fluttuando
[sì, fluttuando (che resta a chi
al verbo diede sua prima Causa)]
Eppure non basta il chiaro
dalla notte scucito
a svegliare soffice l’alba
a raccontar di noi.
Né del sole l’affacciarsi
poggio eterno –
ci fosse limpidezza estrema
oppure veli, intemperie e stenti
/ Il giorno a volte è lungo
ma sempre è breve /
e io sono e sarò solo un momento
briciola di vento
© ore 7,14
Quante volte
il sogno si fa pane sulle mie labbra –
e caldo dal forno, quale nuovo sole
aromatizza il cuore
Due metà Noi
che si dicono e sono
unico stupore –
di fronte,
la vallata è melodia di aromi.
Tedio dolce che all’estate riporta
il cromatico fascino dei conventi vuoti,
quel selvaggio fornicare
dei giardini incolti
con petali ribelli e nuovi
Così io entro nel tuo mondo
e tu nel mio –
e a spalle smesse che non si voltano
nude caviglie liberano polsi …
… schiudono lacci senza alcun pudore
E luce fu –
alle distanze
nelle dinamiche
nude colline sanguinavano
Stormi di domande
sbieche s’affastellavano –
folle mimavano ali figlie dei rami,
forse notturne farfalle le mani
coi sentieri a pelle pulsavano
¿
Che faceva ora la fede – se mai c’era stata
cosa le era rimasto da credere
trattenerli o fuggirli i peccati
?
Troppe a scavare la terra
antracite e lignite nella fossa dei semi
Si perdeva allora l’occhio nella neve
in un secchiello che non beve
e il sole crudele non aveva pietà
© ore 7,55
Dammeli
e ridammeli i tuoi occhi
quello sguardo
che parlò alle ombre
alle ingiustizie dei colori
verità più profonde delle bocche
tu che sei me
e in me rimani
riflesso al mio riflettermi
sulla mia fronte
astrale
u R l a i
strappando, lacerando
l’infinito astratto
senza che nessuna stella
mi rispondesse mai
Risposero invece esausti gli stracci
il fioco bacio che s’ingabbiò agli occhi
una spiga e un lampione
vividi fiocchi di luce propria
© ore 8,30
Guarda
la piccionaia
vuota di parole
e innanzi al guado
il mosso guardiacaccia
svanire
Passa
settembre ed entra ottobre
taciturno
tra freddo e pioggia –
il cuoio impresso da castagne nuove
i funghi furtivi nel sottobosco
goloso
Quale carniere incombe
oltre le foglie
molli e secche, con fruscii e tonfi
e quali uccelli coglie l’obiettivo
senza numero e nome
?
Spunta un cinghiale
da grovigli di cose
d’improvviso rimasto solo
è una guerra la sua
che ignora
f u g g e
uno sparo rimbomba
© ore 9,02
Nitido ramo
che nella nebbia risalti
– Tu stai –
a indicarmi la via
oppure vuoi fermarmi
L’oltre d’intorno
è velo sciaminato
apocrifa stella
luna tramontata
è sera, è giorno
notte nel campo arato –
fiato a mescere
questa malia stregata
che mi tenta il passo
e le coste trapassa
infilzando colli di lana
sì, hanno freddo le labbra
e tacite domande
rincorrono
le estati andate
sul volto dell’autunno
che avanza,
nei bellissimi colori
moribondi ad aspettarmi
che da qui non vedo
di cui non pregusto
neanche un acero giallo
Ramingo
mi rispecchia
muto l’ululato del grigio lupo,
visionario su guglie solitarie
… s c r o s c i a r e …
l’inconfessato pianto eremita
© ore 7,54
È quella nota lassù che penzola:
vibra la megalomania del suono,
non è fatta di cetre o pizzichi d’arpa
e nemmeno di nessun altro strumento
Ma è nota
la Tua
sfuggita in un soffio all’Esserci
fuori dal tempo e dalla testa …
… che sale e sale
senza salgemma
e scende
capovolgendo in inferi la cava dei sensi
O forse è solo urlo compresso,
lacrima di tango a doppio passo
diviso con l’accetta
che un mare al tritolo guarda perso …
… con il sorriso in cielo