Autore: Maria Pia

Grovigli di cose

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Guarda
la piccionaia
vuota di parole
e innanzi al guado
il mosso guardiacaccia
svanire

Passa
settembre ed entra ottobre
taciturno
tra freddo e pioggia –
il cuoio impresso da castagne nuove
i funghi furtivi nel sottobosco
goloso

Quale carniere incombe
oltre le foglie
molli e secche, con fruscii e tonfi
e quali uccelli coglie l’obiettivo
senza numero e nome

?

Spunta un cinghiale
da grovigli di cose

d’improvviso rimasto solo

è una guerra la sua
che ignora

f u g g e

uno sparo rimbomba

© ore 9,02

Pianto eremita

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Nitido ramo
che nella nebbia risalti
– Tu stai –
a indicarmi la via
oppure vuoi fermarmi

L’oltre d’intorno
è velo sciaminato
apocrifa stella
luna tramontata

è sera, è giorno
notte nel campo arato –
fiato a mescere
questa malia stregata
che mi tenta il passo
e le coste trapassa
infilzando colli di lana

sì, hanno freddo le labbra
e mute domande
rincorrono
le estati andate
sul volto dell’autunno
che avanza,
nei bellissimi colori
moribondi ad aspettarmi

che da qui non vedo
di cui non pregusto
neanche un acero giallo

Ramingo

mi rispecchia
l’urlo muto del grigio lupo,
visionario su guglie solitarie

… s c r o s c i a r e …

l’inconfessato pianto eremita

© ore 7,54

L’ascolti?

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È quella nota lassù che penzola:
vibra la megalomania del suono,
non è fatta di cetre o pizzichi d’arpa
e nemmeno di nessun altro strumento

Ma è nota
la Tua
sfuggita in un soffio all’Esserci
fuori dal tempo e dalla testa …

… che sale e sale
senza salgemma
e scende
capovolgendo in inferi la cava dei sensi

O forse è solo urlo compresso,
lacrima di tango a doppio passo
diviso con l’accetta
che un mare al tritolo guarda perso …

… con il sorriso in cielo

Strane Stagioni

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Celestiale effluvio
primo e vero
d’una rosa – e stata
spiaggia d’onde

m’inarco e m’inebrio

àncora
tra anfratti e fronde
gocciolante
ocra dal profumo rosso

e tini mi ribollono
di un non perduto Amore
nel suono – a tu tonale
insonne

intimo audace sfioro
dalle nebbiose piogge
respirando frange viola
palpitando luce avorio

nuova fiamma accesa – d’invero
ebbra nella calda grotta
mentre fuori nevica a briglia sciolta
il bianco buio delle perse notti

e lì ti aspetto
in divenire oltre

con la sola pelle addosso

© ore 9,10

Frugare

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Eppure

anche f r u g a r e

fui la prima a scriverlo –

chiedi

alla tua pelle madida, in estasi …

… come ci ricamò
l’intreccio delle dita umide
dall’alcova delle mani giunto
intriso di secreti segreti
ricco d’appartenenza

e quanto valse il coniugare
la nudità del seme
nelle alte profondità
del mio essere donna

/ femmina solo per Te /

© ore 6,59

La chiave

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E piombai nell’evidenza
viaggiando mille odissee –

un quantico anonimo mi prese
avvoltolata scivolai
errai
scesi
nuotai.
Notturni di lune piene
cantico languore luccicavano
l’abisso d’un inchiostro nero

Ed ecco
da clessidra il chiostro
altra realtà
che dicevo questa
perdutamente vera
e c’eri tu
e un mentore secco
dalla barba bianca
forse l‘albero di un ramo
l’incontrario parallelo
a cui raccontavi
di me crudele amante
che non fui –

incerto
lunedì vitale
alto alla tensione della presa.
Volti al rilascio
oppure no
un cantico dopo l’altro,
la dizione anche,
il forte edificato
nell’attesa,
metafisico stato,
patto teatrale disconnesso
coi tendoni intatti
di velluto amaranto –

perdutamente aperta
la costa scenica,
languida
sul palco a scale d’arpe rampicanti.
E sotto al mio passo un ponte
sulle fiere,
quel bacio indimenticabile
a raccontarti invano
quanto si sarebbe perso

Nuotare o affogare il senso del limite …
… l’oceano più profondo e grande?

Finché non risalii squarciando luci acquee
e non mi sentii da una parte chiamare.
Ruotò allora il capo verso la scrivania del campo
e così la vide:

minuscola, lampante, metallica
stava lì
tornata e mai andata,
che appena accolta dalle mie mani
cominciò a crescere e a brillare
savia di come per te contassi –

l’avevi riportata!

/La chiave/

della tua casa, della nostra stanza
col cuore maggiordomo a servirci
l’ultima fetta di torta sulla via

e il mio sorriso appena alzato
fra l’alba rosata ne gioì

Stregato
issò perle di uva e glicini

© 6 settembre ore 8,47

Note

Tra poco me ne andrò –
chissà se tornerò

Mezzo pieno, mezzo vuoto –
quale dei due non mente?

E voi
note che mi siete sottofondo
altro non potete che accompagnarmi
finché vi dispongo
ad aprirmi un mondo

tutto mio e in specchio vostro
solo qui e ora

voi
frutto d’altra vita che non conosco

© ore 8,30

Dolore e Pensiero

Quando il Dolore d’un Pensiero è troppo alto per poterlo scalare, e nessun urlo basta a farlo giungere fino in cima … non resta che affidarsi al Silenzio.


Il Silenzio che più d’ogni corda vocale apre a sè stessi il proprio sentire … e quello di chi con commozione sa ascoltarlo.

© ore 8,27

Istantanea

Avrebbe voluto sapere …

tra le quattro mura rimaste
la certezza della soglia marchiata a ridosso della selva

I passi invasi dall’erba, ovunque sterpaglie
meno un pruno
che fresco pregava e qualche frutto imperlinava
a caso scoccato
a tratti sbracciato sulla via annientata

Sì, avrebbe voluto sapere

Guardare le rovine in faccia
incontrare ciò che non vedeva oltre le pietre –
impedendo anche l’apparenza d’un sogno
rassegnato

ma l’estate non dimentica i suoi figli rurali –
improvvisa soffiò madama brezza
cagionando scompiglio nella radura quieta

e da una parete non parete
secca, riesumata, scampata, con la polvere intatta

… un’istantanea …

cadde come foglia morta cade

© ore 7,54

E da D’annunzio … l’inazzurrarsi delle ombre

Scricchiola secchezza tra le fauci della foresta –
pure se incerte aguzzano quel fomento d’umidore oscuro
che a tratti si trattiene in macchie grandi
e parchi riflessi

tu la senti
la fobia dentro il costato

/o la sentirai/


Nel punto più stretto della gabbia
saturno e i suoi anelli

nascosto alla calura qui a parlarti
l’intuito misterioso e grande che ti fa impagliato cimelio
sottratto a giorni brulicanti, dormienti, filistei …
all’estate impazzita

e sempre quel tutto
che insegue con solite
scoscese pendenze
d’odio amore … vita morte
imbandendo rimpianti e rancori
piagnistei di lacrime fruste
perle albeggianti tramonti
occaso a perdifiato d’astri irrisolti

Così mi consolai:

tra rose e profumo
sfogliai ali di farfalla, antica carta buona –

mi tuffai nell’estetica bellezza per riempirmi gli occhi

da d’Annunzio leggendo l’inazzurrarsi delle ombre

© ore 6,00