Categoria: poesia

Druidico festino

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Ci fu fuoco
e urla e gemiti
appena avvinse il clangore delle armi
e la lava s’accapigliò alle viscere

Disciolti attimi fuggenti perché non restate?

Druidico cuore innato s’erge
da nottale atavico festino
all’alba delle tenebre da noi stessi stregato,

lì rimane il lago
che mi coprì la carne
affinché tu potessi denudarla


G u e r r i e r o


sul torrione più alto –
spontaneo prosieguo
nella notte dei lampi

E via da astratte sentenze

i nostri corpi, unico manto,
in quest’afflato non chiesto

siano faro e fallo che carezza le acque

© ore 9,36

Tra Fuoco ed Arte

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Scrivo
e intanto con lo sguardo penso –

a voi
per caso tra le mani:
filo di collana, arrugginite maglie
già dal primo istante;
sdolcinata arborea fragranza ‘si minuscola
che persino polvere non trova e scansa

E in castigo metto la mia pancia

rimembrando l’audace spreco ematico
di chi con generose braccia fu avvezzo a stazioni estranee –

solo che di voi non so che farne
come non lo seppero ieri collo e pelle
come non seppe lui della mia sciarpa

E rammarico mi cresce sulle punte più grandi
al suono di un carillon vestito di bianco
che rinsanguare non può il suo mittente

/ anche se la mente ci guarda /

© ore 7,14

Brocca di luce

Se ti ricordo t’incontro –
tra rocce e l’erba soffice
nell’estate eterna
incastonata affine
alla mia sete più fresca

e mi zampilli
e mi sorprendi

Randagia sciarpa che scorri
rimanendo sempre la stessa – orgogliosa –
al suo non sapere che farne

Allegra sbuffi perle, convinti mulinelli,
splendida aurora di boreale stella –
e a sera, quando hai voce sommessa,
tuo canto si fa frullo di farfalle,
fiaba e racconto del mercurio buono che sei:

Amante che voleva drago e catene
in groppa a un altro destino

A te
con cavo cuscino io torno
brocca di luce
bocca che pende dalla tua bocca

dal Tempo dei miei Nebrodi

© ore 9,05

Un Pensiero

Sempre caro
mi è questo Giorno strano –

la finestra apro nel sentirlo
e lo schiocco d’un pensiero
gli dono
da tetto a tetto

assieme ai sospiri fioriti
su rami d’insoluti respiri

Il ritratto di Jennie

C’era neve –
una fila di panchine
a denudate ossa

Qualche coriandolo bianco
nell’aria svolazzava,
fermo il tempo nell’Ora
senza io sapessi
se fosse giorno o notte

Passavano a vuoto passi vuoti,
leggeri tonfi senza nessuno sopra:

i miei, i tuoi
sospesi

Aereo sguardo si librava
da loro a noi –
e madido ascolto s’ostinava a cercare
almeno un suono, l’eco di una voce

Dormiva un lago, queste parole
due cigni di marmo,
e qualche lenzuolo svolazzava muti voli

Ero, e sono
le immagini che mi scorrono e raccolgo –
soffio di nevischio evanescente
faro tempestoso dagli schiaffeggiati scogli

Avvolta dall’organza del gelo, evasa
verso un volto dai folti capelli
gli occhi grandi e profondi
la pelle di seta

Quale metafisico inconscio perduri io ignoro,
così come pure si limino e sfumino i limiti d’un giardino d’inverno

Ma credo a Jennie che lotta,
al suo Amore che impavido la raggiunge
sfidando destino e tempo che non concordano

Credo

alle mani strappate da una forza assoluta,
al ricordo che di Lei s’imprime nel ritratto di un sogno

© ore 11,03

L’ A b e t e

Ti adorno mio abete
che risusciti
se le mie mani ti cercano
e i miei occhi ti guardano

Sempre mi narra la tua bocca vacante
i suoi aghi di carta –

ciò che è stato detto, ciò che è stato fatto

E alla mia mente richiedi
che gli ornamenti tuoi compagni
ti siano riaffidati e possano ancora luccicare
reduci degli andati natali

Loro che hanno riso e lacrimato
singole storie da narrare,
grida e sussurri per timpani segreti,
malinconia amara volta ad acchiappare
aria fuggente, acqua dai pugni serrati –

al bagnato arresi e rimasti ad asciugarsi
per tornare bagnati frutti colorati

Quieto per poco sulla mappa dei palmi
il mio non averti sradicato
dalle arcate montane di un impianto,
con lo spirito dell’intuirti
un colpo in meno inferto dalla falce –

e nel consolarti consolarmi, proteggendoti
con qualche nuovo ninnolo lampeggiante

Finché hai posto e puoi la forza della schiena …
… quel che non può nessuna seggiola oltre i tuoi rami

© ore 9,46

Cameo bruno

Ogni colore è suono
che squilla
alla lingua il suo profumo

Muove liquida brina
partitura congiunta
estasi giunta alle cime
di nevi glasse in punto fuga

Istantanea del niente nella carnea ventura
istantanea del tutto nell’impalpabile giostra
che l’anima fluttua

E brullo diviene il pianto di un acquitrino nel fango:
come volavi, cameo bruno

© ore 8,57

Sulla Via dei Venti

Andare –

dentro un mare di luci fatue
come fosse altro tempo,
un nuotare in mondi fatati

E rivedersi
ingenua vestale
attendere giochi sopra il letto,
quel richiamo
del nome sotto la finestra,
ebbra entrata in sale danzanti

Lasciare cibi frugali,
e imbanditi da gusti desueti nutrirsi
d’auguri tanti, d’abbracci alla lavanda
affollando agrumi fra sorrisi bianchi
per credere all’essenza
scibile della Ricorrenza

Senza pensare che di più s’uccidono i maiali
e ovini e alati:
carne e sangue in nome d’una stella santa

Noi
che fummo pupazzi fatti in endovena
di ideali sogni,
inventati eppure veri –

pupille
di uno scatto sulla “Via dei Venti”
immortali davanti a questo sguardo

È natale, è natale!

Finalmente era natale

© ore 8,51

Non mi sia dato mai il pensarti°

… mentre mi percorri le vene
e labbra si fanno alcova di baci.

Ho ancora il Tuo sapore sai
-che mi soggiace-
supina in sprezzo alle vesti.

E singhiozzi di luce mi prendono
al non appena delle nostre melodie
nascosta alla fuga.

Fuori mi nevica.
-Nevicami Tu-

Di tiepido bianco
intingi sul mio corpo
pennello di sinfonie.

Fammi Tua Tela …

/che nell’immenso dei ricordi Ti resti/

°

Dal mio ultimo libro:
“Non mi sia dato mai il pensarti” –

TRACCE ǝ OMBRE ed. Anno 2024
(Copertina in Sez. Libri)

Sotto merletti di neve

Se ti abbracciassi e tu mi sentissi
senza proferire null’altro che il Nume delle foglie
nell’aprirmi rami e varchi al mio venirti

sul sublime tuo tronco

diverrei Albero
a te uguale o simile
in questa vita oltre il mio io
in essenza e forma

quale tu sei


qui adesso ora
mentre ti scivolo
su bianco suolo
con inchiostro finto
scevra da sicumera

O diverrei terra


dove pulluli a piene vene
tondi condotti nella corteccia
radici d’oro verde
per suggerci l’aroma
lingua a lingua
sotto merletti di neve …

… fra spiccioli chini in cerca
e ciglia di resina taurina
sapendo che l’inverno
non bussa ed entra

E mentre si sbottona
il suo cospetto sa di piume nuove

© ore 13,32