Autore: Maria Pia

Se ci fosse un dove … dietro un quando°

Sono
qui
ultima della mia progenie
(se così posso dire)
a ignorare chi fu il mio primo.

Sai
avrei voluto scriverla
io
la tua poesia
(e mi capita di rado).

Così
conoscerti
e farci compagnia
tu ed io
a Tempo unito

a meditare sul Creato
dei suoi suoni antichi
amici in solitudine
senza rombi cittadini in testa.

Anch’io
parlo con me stessa
e mi capisco
anche contraddicendomi
dentro un Mondo a parte
dalle valli alte
d’oro maculate
col ruscello che soffia e non vedo
e al tuo somiglia.
Su un sasso assisa fra le frasche.

Quante le volte che vorrei andarmene!
Se mai ci fosse un dove dietro a un quando.

Un dove ricco di respiri
nuovi
bianchi
vermigli
freschi come menta
che riempiano lo scafandro d’azzurri destini.

Ed esule essere … da questo palco a picco sul sipario
dell’ indefinibile.

°
Liberamente ispirata da una lirica di G. Caproni

Mamma

Mai ti mancai
il gesto di una rosa
ogni anno in sboccio assieme al mio sorriso
e Tu dolcemente ad aspettarci.

Tutte le ricordo.
In cima regna l’Ultima,
volto aveva e il nome
che più posso pronunciarti

… Mamma …

altre ne vennero
struggenti e malinconiche

e ne verranno
finché una stilla di respiro mi sarà in vena
e non ci abbracceremo ancora


lì dove ti immagino.

Esistenziale

Muti lampioni ad armeggiare il vuoto,
abbandonati steli.
Affanni, premure sull’attenti
di un mondo alla ventura.
Petali venuti,
accesi lumi su mattini chiusi
e mura con in tasca un penny.

Trema l’incenso
dei marmi in preghiera
atei e credenti,
fino a quando tiepida sarà la Cera
almeno da vantarsi nella forma.
Sia pure incredula, ridicola, attonita
guaita di speranze,
a gola secca che s’ingoia
e si domanda:

Davvero tutto è stiva di valigia
e Noi solo orme dentro l’acqua?

Non so se danno risposte scie di barche
mentre annaspano via dalla terra ferma,
né quelle dimentiche d’andare
per più tempo a far cuccia sulla sabbia,
ma il Pescatore tace col suo tronco
a loro a fianco pare non guardarle

ha la rete rotta fra le mani … e Rotte cuce di pensieri.

Un poco riempimi

Manchi

[Amami

qui, ora
in questa stanza
rurale.
Nell’aria tenue
del pulviscolo fluttuante
che di Te mi è idea
e in ogni atomo s’addensa
dentro un cono di luce riflessa.

Ti sentirò le braccia
s p l e n d i d e
a nutrire l’ombre degli angoli]

un poco riempimi.

G o c c e

Spiovono gocce
nella mia stanza stanca.
La pergamena del tetto
non basta a trattenerle
né a descriverle.

Così poche e pure
tra una clessidra d’aria
e un suono greco
c a d o n o,
una ad una cadono.
A tratti accompagnate
a scandirmi la terra.

Le più sono andate
ma queste …
… tremule restano
a inumidirmi le labbra
affacciate sulla sabbia.

E il desiderio
che alla veste non guarda.

Essenza

Devo dirmi
scrivere
raccontarmi.

Trovare spazio nella primavera
più strana dei miei anni.
Così che mi vesto di pensiero e sguardo
accoppiandoli con ieri
e vado
e vago
mistura di sagoma e fantasma
dalle piazze vuote
alla natura gravida …

… a giocare assieme con parole
tra anemoni e limoni
e il verde tanto
divenendo rampicante
su glicini viola
ape che si lavora il fiore.

Ma quel che più
s’attesta nella raminga testa
e su tutto emerge
e resiste ad ogni guizzo d’acqua …

… è il profumo della Nostra Essenza
che non trasmigra mai dai corpi
e in questa Terra resta
inesorabile.

A Santo & Johnny

Entro:

la sala è ancora lì.
Il profumo di bucato
di mia madre che lava
con le sue mani arrossate
.anche.

Ma è estate!
E il sole del mattino alto,
brillante gioiello infuocato.

C’è Santo e Johnny che suonano per me,
il secondo arpeggio mi ha chiamata
al ricordo di quell’istante
vestito d’immortalità.

Tra poco saremo uscite
a braccetto
con passi leggiadri …

fra i labirinti della mia città.

Coi Tuoi occhi

Cosa vorrei dirti

in questo momento di un giorno finito
così
da sdraiata
fra fiaccole d’ombre
a raccontarmi senza lume di parola
di Te
di Noi
dei segreti capovolti
dal Nostro silenziato Sole …

… ora che mi percorri
sotto un cielo di stelle
senza sbocchi
i sentieri focosi dei boschi
l’ambra lasciata
nei cerchi dei tronchi
e un sorso di rugiada è mancia di pane …

… se non di quanto bisogno
io abbia di questa penna …

… del bianco Volto dove scorre
che pare guardarmi coi Tuoi occhi.

L’Ostessa

Travasava il vino
gorgogliante
un attimo o poco più nel vetro.
Poi passava ad altri e ad altre
promesse di vendemmie.

La botte in basso
stava come l’Ostessa alla sua attesa
calda la bettola e l’altra al fresco:

Tra poco ci sarà quello nuovo
tu stessa hai un viso nuovo.

Diceva e si diceva
sapendo del mio sguardo
dal ciglio della porta.

E forse era vero
perché spiccava arancio
la finestra accesa
riflesso sulla mia chioma nera
riflesso sul tempo delle mele

tonde
di un sole tutto da spremere.