Autore: Maria Pia

Un Soffio

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Almeno un Soffio di luce sia rosso
in quest’alba notturna

Lo stesso
che mi appartenne un giorno
l’attimo pellegrino su bruno cammino
quando l’ultimo sbocco del Libro
pareva chiuso

e lui volò
recitando il corso
del falco coraggioso

Ho acceso un giglio – dunque
alla mia rosa
affinché senza far rumore
divenga c’era puro
e nel sangue che mi resta
e in ogni superstite goccia
fedele alla radura
sia essenza di consapevolezza

libera da visionarie memorie
da incorniciata veste
che mi fu vetrina d’unico dono

Ma lo voglio inciso – quel Soffio
di luce rossa sul mio braccio informe …

… indenne a dormire il mio sonno

© ore 8,23

Senso

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C’è tatto tra pollice e indice,
un che di consistenza
che li arricchisce ed accarezza

indica e li anella dai vicini
quasi gemelli

A volte si baciano scivolandosi la pelle
e ritornando su sé stessi …

… assaporano il senso che li sveste

© ore 8,47

Il Branco

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Tanta è la forza del branco
se per forza
s’intende la debolezza del gregario
che s’appiccica come gomma da masticare
a rancida saliva che solo può scendere
dove il basso tocca il suo punto più alto
senza la dignità dello sterco …
che in fondo rigenera i campi

Il lago e la montagna

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Sacra montagna
dal suo comò affacciata
su una costa della stanza
a ricordare come rossi
fossero i gamberi –

nel lago della sera
splendente si specchia
assieme ai suoi pensieri,
a flussi lavici
indelebili all’ardesia

Così come tu vuoi li abbia
mentre la cingi
nel lasso guardante l’esistenza
accoccolata fra le braccia
del quadrante …

… tanto che divaghi remi e barca
con il bagaglio a un piede senza traccia

Sa di scuro profondo
il molo – lì pescoso
sulla malinconia del creato,
ed è sonaglio d’argento
che brilla oro fuso …

… da Era ad Eco l’accartocciarsi
di un naso turchino

che trasformò in fato

i nostri polsi infranti

© ore 8,43

La mia Zaira selvaggia°

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Neve e sale
su occhi d’acqua
e pace –

Corrono

liberi di essere
luce libellula
mille criniere
musicali zoccoli

Destrieri

neri e bianchi
vivi di bellezza
nel momento
etereo eterno

/ rosei aironi li incoronano
a guizzi d’ali si spruzzano nel cielo /

Ed io

tutto ciò rallento solo col pensiero
per gustarmi questo afflato poetico

e divenire
e sguinzagliare


sulla loro spiaggia …

… la mia Zaira selvaggia

°
Da Run di E.

© ore 7,25

Ferro rosso

Calda ed ambrata
s’illumina Savana
ai piedi del tramonto

È pace tranquilla
in questo parco sul mondo
immenso, faunistico
ripieno di sole

Tu sorvola
fossi Acacia sparsa
sulla duna piatta,
nota che non suona,
testimone segretante
bramati ruggiti
nel giorno che riposa

E alla notte …

… dona le più accese orbite
penetrando picozza la realtà insonne

scruta l’affogo della fame nella pozza
i pedaggi pagati col sapor del ferro rosso

© ore 8,24

LA

Dove il tuo LA – mi chiedo


trapassando la cima dei denti

imbevendo nuvole
di cotonina azzurra
prese in prestito dal cielo
nella gola oscura delle tenebre …

… con un tocco secco
alle pareti che inciampano il respiro

nello scavo ateo di un dio

© ore 7,16

Dal primo dei pianti

Senza l’alba
non può esserci tramonto

/ non viceversa /

se evade la coscienza
e ci trasforma in altra cosa

Nudi nasciamo
senza averlo scelto,
con l’arbitrio d’una veste
che ci ride e piange

/ illusi sarti di noi stessi /

da un buco partoriti
già dal primo dei pianti

© ore 7,19

Ceralacca rossa

Hanno ancora fili i sogni
alle prime luci dell’alba,
un dorato soffuso d’argento –

così che ora ne scrivo con due dita complici
disciolte sulla tastiera.
Senza importarmi di cosa dicono, se abbia un senso
ciò che digito,
o luce novizia l’abito

Non so quanti passi ci saranno oggi
ma è bene sperarli
ancora umidi e tonici
mentre ti ascolto oh aria paladina
che mi muovi radici inconsce …

… riportandomi agli albori
arResa alla lancia fiera del mio nero cavaliere:


prono alla sua scocCa e al suo falò
un mandolino da fiaba ardente
dove poni i tuoi palmi invisibili

e il sangue di ceralacCa rosSa
che cola e cola …

… in un torneo di rose e di viole

© ore 8,08

Dove atterrano gli angeli

Tortuosa va la strada –

se non è strada è vita,
nel suo semplicemente dirla
spesso s’attorciglia,
in un cordone immane
a g g r o v i g l i a
salite da sbrogliare

A volte mozza il fiato
che pare viva,
elettrica dose massiva
tra cunicoli e gangli
nel divino carnale

E luccicano i capelli
liberati, sfocianti
con il corpo tutto
dagli antri – aperti
a praterie selvagge

Volti
gli zigomi nudi scampati


verso
cavalli di vento …

… dove atterrano gli angeli

© ore 8,20