Autore: Maria Pia

Bracieri

Coscienza pulsionale
in coro al corpo

colonne e anfiteatri
col Tutto raccolto in una conca
all’ardere del fuoco primordiale

b r a c i e r i – per non dimenticare il non ricordo

ciò che sei e vuoi nell’intimo profondo
innominabile

© ore 8,49

Troy

Bioma alla marea
cantami

gli amori e le battaglie,
i perduti eroi sotto la coltre dei templi,
il clangore delle armi,
le grida assolate dei castelli
su spiagge magiche

con altra Epica

– calde correnti che veli impennano
litorali baciati da piogge solari
viali di neve scarlatta
fino a quetare ansiti selvaggi
sotto luccicante firmamento
con la luna frutto bianco
accoccolato ai rami delle genti –

e Troia cavalcherà
nudo cavallo
dentro una clessidra senza grani

© ore 6,29

Petricore

un corpo … non è Il Corpo
che invece s’ama e desidera

io voglio la maiuscola determinativa,

nei tuoi sentieri più reconditi
succoso lo stupore che ci unisce,
nell’eterno pensarci le tue parole a dirmi:

Sia petricore o sole … è solo con te che ti tradisco
in questo abbraccio impossibile

© ore 11,00

Ciurme di nubi

Incedono

in lento movimento
ai soffi della rosa ventosa

ciurme di nubi
promosse caravelle

Vincolate senza volontà alcuna
sopra l’acqua azzannata o quieta
delle gemmee conche –
fra squami argentee e voli
si dipanano orizzonti e cirri
con plurali maestosi

Mille i loro volti, mille le loro forme
Tu pensi e disegni

dal plasma degli occhi


dal tuo destino che nuota

© ore 6,00

Che in specchio appaia al suo sentire

¿

Quanto vale
una rosa d’inverno
da soffio polare fiorita

nel giardino incantato
zuccherata
granitica ondeggiare
su cespuglio selvaggio
d’amaranto e isole scarlatte
fra un diadema di diamanti
River

?

Così sfuggente, così fatata
quale acqua fra le mani
che il polpastrello adorna
d’un liquido rubino – andante
sulla neve immacolata

… sbadata …

che in specchio appaia al suo sentire

© ore 11,02

L’infinito in un boccale

Un po’ d’aria da respirare
Pura
da uno spiraglio
di tanto in tanto

mi accumuna all’esistere
riappacifica il corpo all’anima
la loro componente vermiglia
pria che l’azzurro stellare
avvenga in un sogno
che non ha tatto

ci sarà tempo per svelare
il manto
separare l’uno dall’altra
al tutto ingoiato
lasciando inalterato il dubbio
da questa parte
e solo cose e sguardi impagliati

se mai ci fosse altra stazione e altro viaggio
qualcuno che venga a prenderci
senza lasciarci soli ad aspettare

l’infinito in un boccale

© ore 11,02

Sulla pelle del mare

Canto mandingo
Tu piangi

La luna ha velo nero
stasera

fumante

i pini solfeggiano
viali di gramaglie –
l’ondulato sincronico
moto delle cime
prende sussurri
a nuvole rabdomanti

Sei albero solingo grande
e fragile
fra moltitudine d’altri alberi
che ti hanno inchiodato
e si susseguono
macchiando
ogni senso di giustizia
e di pace

L’estasi inventata
montagna per montagna
ridotta a bancarelle

Càpita ti preghino incollate le mie mani –
credono nelle tue radici

… immaginandole senza bastarsi …

ordinate e ascisse sulla pelle del mare

© ore 8,48

Nuvole

A volte mi domando …
… se le nuvole si baciano
quando piovono tristezza


e di loro io mi bagno

sotto un tetto
da una finestra affacciata

Luccicano gli occhi delle auto
schioccano fiotti d’acqua
qualche virgola va veloce a ripararsi
un ombrello sta esanime sul marciapiede
stracciato dal vento, investito dai piedi

un altro passa ancora vivo
appeso alla sua testa


di più si spoglia la strada

© ore 7,00

Si dia credito ai glicini

C’è ritrovo, ristoro
nel nuovo tuorlo d’oro –
giallo girasole incastona gioia

Pallida pendola sorride
tra tempeste di stelle illumina
nottali colli e le vie s’innamorano
in perfetto tondo a rincorrersi
antichi girotondi
senza più fiato a perdere
tornati a ora

Il tempo non è prima
Il tempo non è dopo

stanno i segreti delle ancore alle ere
come boe a ninnarsi sull’onda calma
mai perse

ma Tu

guardali i glicini che piovono tranquilli
e si dia loro credito … che sono uva in fiore

© ore 7,11

Zefiro

Fermati
donati una tregua
l’aria è sonnolenta
quietati
nella purezza acerba
e cristallina
che Zefiro solfeggia

cerca una zattera d’erba
sotto il pennone del marittimo pino
vedetta alla marea
che il meriggio s’accalora
se troppo lo senti
e sguardi e sospiri
doni in groppa a sfrenati voli

è tempo di migrare filosofici rocchetti
dal tondo di un tombolo bianco
che fiori sboccia dai fluenti petali
senza un filo d’anima

mentre s’alza la sete
e il suono della lira zampillando si spende
mulinando ronzii intorno alla fontana
oltre le finestre

dietro uno scacciapensieri

© ore 9,04