Categoria: poesia

In Via della cieca Notte

Dolce mio inverno
emerso dall’autunno

saggio e canuto

Tu non hai grilli per la testa
sparsi alle tarde sere
né cicale civettuole
nascoste in mezzo ai giorni

non esplodi sinfonie di fiori
spandendo promesse da germogli
dalla brina facile,
l’arso e il rorido calore
il fiato umbratile delle fronde

ma quel fiume da cui nasci
ha guizzi d’oro
l’argentea sapienza delle coltri
con echi che rimandano a ritorni

Tu prendi fiato e riposi

bianca calma
che conforta
la palude dei torti
sperando fatiscenze
algide
a nudità spoglia

per rinascerti la forza

mai chiesta in dono

nell’ Eterna Ruota
che nessuno vede e riconosce

© ore 9,19

Ognissanti

Rifulgono
in questo ponte che esiste
infinite fiammelle –
processioni dal buio
dalle mille chiese

Hanno fame di specchi e di bacili
lì alle correnti,
e i treni
bucano gallerie da sempre
e ogni urlo fa l’appello :

Che ascolti la progenie
chi ancora appare in tale tetra nenia!

Ma nessun nome oda il suo dentro
urlare i propri geni in tempeste da tregenda

Sia nuova festa –

che sguaiate maschere vaghino, danzino, sghignazzino
con l’orrore in faccia,
nelle budella, nelle piazze dagli affari d’ogni genere
di sangue

E io …

… io l’Oltre ascolto
senza uscirlo,
non negando il fiume che imbratta
ceneri di schiene
per pura paura

ché l’orecchio sa e non può dire
nemmeno con istanza di pronuncia

Mi sia concesso però il privilegio del sopore
alle banchine del sogno, un alibi, o valida ragione:

avrebbe – altrimenti – troppo sapore la follia

e verità il Nulla

© ore 8,41

Strana

Sono sempre io la stessa
appena sveglia
che mi guardo pensare –
e uguali
la stanza
la casa
le cose che si svegliano con me
e incontro

Chiedo aiuto al corpo
senza chiedere

Provo

le mie amiche mosse –
quelle elastiche
che ieri mi avvenivano:

per quante volte giro i polsi,
per quanto posso stringere i pugni
fino a far male agli avambracci,
se lo slancio delle gambe dà giustizia alle cosce
ampia e rilassata,
faccio piegamenti e rialzi,
dono al soffitto stellato dal mattino
l’altezza che mi resta conforto

Non mi servo della musica –
spello senza scudi al tronco
e noto che il fiato è buono
e tutto corrisponde

né m’importa di riflettermi stavolta –
pieno è lo scrigno che porto
e prezioso:

mi vedo ancora bella

in fondo

© ore 11,14

Sipario

Chi sono io – nel raccontarmi
credere ai miei pensieri

/ infine sognano
anche quando si alzano /

se non una miniatura di neve
che cangia al sole nell’aria
spesso
in lacrime non confessate

Da dietro le finestre
spendo lo sguardo

e il sipario
è lì
aperto
frontale

pare aspettarmi

da qualunque parte volti il capo
lo scorgo
stendere lineare
colori freddi e caldi
sinfonie d’ore d’argento
nelle stanche tempie:

si offre alle mie mani
senza più farmi dubitare

d’essere io stessa

… l’infinito …

per un attimo

© ore 8,50

Tu delta, Io estuario

Con assi di cedro e corde di canapa

p a s s a m i

che io fluisco in ogni mia vena
quel dolce andare fra gli argini

s o v r a s t a m i

in tutto il mio esserti amante

Senti
come scorrono folle di alberi
e rupi e nidi
appesi a un passo dal cielo?

Noi

che insieme proseguiamo
strana distanza
e addosso
ci giochiamo pensieri di carta

coccole e guizzi
fiaccola calda

al riaccendersi
d’una Verità suprema
matura e acerba
nell’intonso sospesa …

… con mani d’acqua e di legno
fiato estremo

nel viaggio che ci accoglie


tu delta
io estuario

per sempre

© ore 7,16

Metafora

Non sembrava nemmeno vera
su fondale grigio cielo
appariva ora
la spiaggia
nella mia estate amata

Lo sciacquio del borgo
mi confondeva,
sparsi capannelli d’uccelli –
ma l’unica formica restata
era la più importante

Con una briciola in bocca
tra pioppi grandi
camminava
macinando terra di caffè
ignara della stagione andata

Una guancia girai
poi l’altra:
nessuno mi guardava

la presi

l’appoggiai
sul primo polpastrello capitato

prima di mangiarla

© ore 8,59

Ombre lunghe

Frugàle s’avvicina
al mesto pasto –
le fredde mani si strofina
per risvegliarle calde

N e v i c a

neve su bianco manto.
È incanto
che ha perso la corona
e non puoi far altro

Nel mezzo della borsa
le ombre lunghe
un volto
i rami – e il desiderio
di riprenderlo
quell’amore che sfugge
scivolato in sonno

preda
le prime palpebre
cadono
vuote al gelo che s’è alzato

cedono

Ed è il guanto gettato alla sua sorte
a brindare l’appuntite guglie
che nemmeno senti il busso
tu che da dosso ti sradichi la roba

.. e quanto più s’alza il gelo …

più ti spogli

© ore 7,50

Mon

Per quante volte ti ho sognato …
… Io voglio averti

Il tuo sguardo spalmato sulla pelle
i seni e il ventre a Te protesi

Ho tanta smania di quei baci rapaci
del dardo ritto tra le cosce bianche

che il desco accoglie sempre le tue ali
e sempre nido

divengono entrambe le mie labbra

ai tuoi voli audaci

/ quando mi vieni a cercare /

© ore 7,19

Tanka

Creste di luce –
al canto dell’albero
cresce rosea alba

stordita fra gli stormi
tutt’uno alle rondini

© ore 9,48

Fantasma°

Vascello nella notte

Tu fluttui
dal tuo tempo

taciturno capoverso

è seta nera
e capovolto è il cielo
a vele aperte –

hai ali sui tuoi fianchi
a far da stelle
alla cenere

nuova mappa
ti destina
ora che più non sei

/ e davvero esisti /

° Vedi Sezione Opere “Fantasma”

© ore 9,02