Il ritratto di Jennie
C’era neve –
una fila di panchine
a denudate ossa
Qualche coriandolo bianco
nell’aria svolazzava,
fermo il tempo nell’Ora
senza io sapessi
se fosse giorno o notte
Passavano a vuoto passi vuoti,
leggeri tonfi senza nessuno sopra:
i miei, i tuoi
sospesi
Aereo sguardo si librava
da loro a noi –
e madido ascolto s’ostinava a cercare
almeno un suono, l’eco di una voce
Dormiva un lago, queste parole
due cigni di marmo,
e qualche lenzuolo svolazzava muti voli
Ero, e sono
le immagini che mi scorrono e raccolgo –
soffio di nevischio evanescente
faro tempestoso dagli schiaffeggiati scogli
Avvolta dall’organza del gelo, evasa
verso un volto dai folti capelli
gli occhi grandi e profondi
la pelle di seta
Quale metafisico inconscio perduri io ignoro,
così come pure si limino e sfumino i limiti d’un giardino d’inverno
Ma credo a Jennie che lotta,
al suo Amore che impavido la raggiunge
sfidando destino e tempo che non concordano
Credo
alle mani strappate da una forza assoluta,
al ricordo che di Lei s’imprime nel ritratto di un sogno
© ore 11,03
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